giovedì 16 maggio 2019

Commento al Vangelo della V Domenica di Pasqua, anno C, 19 maggio 2019



                              La prova del nove


TESTO (Gv 13,31-35) 

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».



COMMENTO

Abbiamo appena ascoltato il comandamento di Gesù più sintetico, lineare e più comprensibile, ma anche, sembrerebbe, il meno praticato.

Constatazione di chi vi sta parlando, modesto parroco di una comunità che si dice cristiana: non così raramente in tanti facciamo tante cose nell’ambito delle varie attività pastorali, ma con poco amore gli uni per gli altri, con poca stima reciproca, con poco senso di attenzione al fratello, alla sorella ai quali o con i quali si sta facendo quel servizio.

Eppure San Giovanni nella sua prima lettera ripete a tutti noi: “Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello. (1 Gv 4,19-21).

Quando Giuda esce dal cenacolo con la risoluzione di consegnare il Maestro, Gesù afferma che in tutto questo si rivela la gloria, cioè la consistenza, il peso dell’amore di Dio di cui lui si fa messaggero e portatore. 

L’amore si rivela nella sua consistenza proprio quando non viene corrisposto, o addirittura tradito. 
Ma l’amore che Gesù ci chiede non è da inventare, non è da produrre con le nostre opere, ma piuttosto è da custodire e da trasmettere perché lo Spirito di Cristo ha plasmato i nostri cuori nel fonte del Battesimo, ha orientato il nostro agire nella Confermazione e continuamente illumina e plasma l’umanità col nutrimento dell’Eucaristia.

“Chi ci separerà da questo amore?” dice San Paolo (cfr Rm 8). Ma se questo non trova spazio nelle nostre azioni e nei nostri pensieri, allora è da sospettare che il dirsi cristiani, cioè discepoli Cristo, sia solo un dato culturale e che i nostri riti e le nostre liturgie siano un imparaticcio di usi umani, come denuncia il profeta Isaia.