giovedì 16 novembre 2017

Commento al Vangelo di Domenica 19 novembre 2017, XXXIII del TO, anno A




ACCANIMENTO ANTI-SINDACALE


TESTO ( Mt 25,14-30 )

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 

Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 

Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 

Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 

Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.



COMMENTO

Ci risiamo! Il solito comportamento anti-sindacale, anti-democratico e anti-egualitario di Gesù. Proprio il servo che aveva un solo talento, e che per paura di perderlo e di non rendere niente al suo padrone, lo sotterra, si trova ad essere apostrofato nella parabola con il titolo di malvagio e pigro e quindi inutile. Ancora una volta Gesù con le sue parabole vuole stupire, rompere gli schemi troppo umani dei suoi uditori. Come quando una volta raccontò la parabola dell’operaio che, lavorando appena un’oretta, prende la stessa paga di quello che ha lavorato tutto il giorno, e addirittura viene pagato per primo.

La provocazione si pone a questo livello: quei talenti sono talmente produttivi che sarebbe bastato impiegarli in qualsiasi modo per portarli ad una seppur minima resa. Nel Regno di Dio non ci sono proprio mezze misure: o ci si gioca o si resta a guardare; o si cerca di investire la propria vita per il Bene degli altri (e di conseguenza anche per il nostro) oppure si perde tutto il bello della vita, che è la partecipazione alla gioia di Dio nello spendere, nello spendersi, nel voler affidare ad altri ciò che è proprio. 

Oltre alla potenzialità enorme anche di un solo talento, c’è la gratuita generosità di un padrone che si fida e si affida a dei collaboratori, e che anzi è desideroso di condividere con i suoi servi la propria ricchezza (leggi: gioia), anche se non ne avrebbe bisogno. Poniamoci infatti questa domanda: se era così facile far fruttare quel talento già solo portandolo ai banchieri, perché prima di partire per il viaggio non lo ha fatto il padrone stesso? Perché lui stesso non ha portato tutti i suoi talenti dai banchieri cosicché ritornando avrebbe ritirato il suo con l’interesse?
 Il fatto è che questo padrone vuole condividere gioia; più della semplice moltiplicazione della ricchezza il padrone vuole che questo avvenga per il tramite dei suoi servi, che allora diventano coprotagonisti del suo patrimonio e della sua benevolenza. 

Dio Padre ha un tesoro di amore immenso ma vuole che si riveli moltiplicandosi, anche nelle strettoie del cuore umano, e che anzi la sua misericordia si renda ancor più evidente nella capacità di noi uomini di accoglierla e metterla a frutto. Qui sta la vera e compiuta realizzazione della nostra umanità: compartecipare alla gioia che Dio ha nell’essere dono per gli altri.