Vietato l'ingresso ai maggiori di … ( cf. Mt 2, 13-23 )
Lo sposo di Maria era un uomo che sognava spesso: stando al Vangelo di Matteo almeno in quattro occasioni: una prima volta un angelo gli "spiega" la gravidanza di Maria ( Mt 1,20), e poi i tre episodi del brano in questione.
Spesso nella Bibbia il sogno non è la sede dell'ir-razionalità, ma piuttosto della sovra-razionalità, un "luogo" in cui Dio si comunica e si lascia intravedere, un "luogo" che è imprendibile dai sensi della ragione , che appunto è al di là del definibile.
E' durante il sonno del primo uomo che Dio modella a partire dalla carne di lui la prima donna; è durante un sogno che Giacobbe intuisce la presenza di Dio nel luogo in cui si trovava. Per venire a fatti più recenti , è durante un sogno che i Magi sono avvertiti di non tornare da Erode a fargli il resoconto di ciò che avevano visto.
Per comprendere certe cose la ragione non basta! Le cose di Dio , certe ispirazioni che vengono dall'Alto possono essere colte solo con una percezione intima , sintetica , immediata , intuitiva.
Quello che avviene in un sogno in fondo è difficilmente spiegabile: rimane sempre qualcosa dai contorni sfumati, ne resta piuttosto una sensazione, come un sapore, una sorta di "retro gusto".
Giuseppe obbedisce a dei sogni, obbedisce alla voce di Dio che non gli chiede di capire, di cogliere una logica, ma di accogliere il Mistero che si fa strada e che per far questo ha bisogno della sua strada e dei suoi passi.
Giuseppe , uomo umile davanti a Dio e umile laddove la ragione umana vorrebbe de-finire, limitare i contorni di tutto, possedere le spiegazioni di tutto, comprendere le ragioni remote e i fini ultimi.
Giuseppe, uomo dell'abbandono . Abbandonarsi alle sorti e al destino di un bambino e di una " ragazza madre ". Un abbandono che fiorisce nel giardino della fede semplice e umile dei puri di cuore.
Le sorti del Regno del Dio hanno bisogno di una fede come quella di Maria e di Giuseppe, coppia inedita nella storia della Bibbia, coppia "capo-lavoro" della Grazia di Dio e dell'umiltà umana.
Potremmo domandarci all'infinito cosa ne sarebbe stato dei piani di Dio se la libertà di Maria o di Giuseppe avesse detto " NO ! "
Ma perché chiedersi gli infiniti modi con cui Dio ci avrebbe potuto salvare? La salvezza ha questo volto: l'umiltà di un bambino, scarrozzato a destra e a sinistra, come fosse un pacco, di Natale appunto.
Mi fa' pensare a tanti bambini di quaggiù in Bénin: sballottati dalle schiene delle loro mamme alla polvere delle loro dimore, e trasportati sulle moto poco meglio di un sacco, in due, tre, a volte anche in quattro.
Il racconto ci presenta Gesù in balia degli eventi, di una storia che sembra trascinarlo qua e là secondo il capriccio di un potente di turno. Ma sarà invece proprio Lui a cambiare la sorte degli eventi. Per capire il modo di operare di Dio bisogna essere piccoli come il piccolo Gesù, bisogna partire dal basso, bisogna accogliere questa storia , la mia , quella di questo frangente. Forse una storia che mi sta schiacciando, che mi fa' sentire naufrago anziché navigante, vagabondo anziché pellegrino, precario anziché confermato, una storia che mi attraversa senza lasciarsi vivere e decifrare.
Qui e adesso nasce il piccolo Gesù: nel momento in cui lo celebriamo come nel giorno in cui nacque a Nazareth. Gesù si fa' piccolo nel mio cuore, si fa' speranza concreta nel mio cuore, e che chiede di essere alimentata , cresciuta, custodita. Bisogna però essere piccoli come lui, lasciando che l'inevitabile ci sballotti qua e là; e chiudere gli occhi come Giuseppe, lasciandosi prendere per mano dalle nostre più intime e segrete ispirazioni. Tutto può cambiare, ma non per chi troppe volte ha l'abitudine dire " …ormai! ", per quelli che pensano che ci siano sempre e solo strade a senso unico con divieto di inversione. Anche una vita banale può diventare bella. L'invito di Nazareth è a farsi piccoli , ad accettare quello che siamo e quello che abbiamo perché … chi avrebbe potuto immaginare che la Salvezza di tutto si rendesse presente in una stalla? Generalmente tra la paglia di una stalla si trova altro! In quella di Betlemme per noi c'è Tutto. Per capire il sole sfolgorante di Pasqua e non lasciarsene abbagliare bisogna farsi familiari della piccola luce di Natale. Quella luce sarà troppo forte e imprendibile se non avremo preso dimestichezza con la piccola stella di Nazareth.
Auguri a tutti i " minorenni " del mondo.
Fra Damiano
fra Damiano Angelucci da Fano ( OFM Capp): frate itinerante
venerdì 24 dicembre 2010
domenica 19 dicembre 2010
Commento al Vangelo della IV Domenica d'Avvento Anno A: 19 dic. 2010.
La paternità non è questione di sangue, ma di passione.
(cfr. Mt 1, 18-24)
La persona di Giuseppe è intrigante. Il periodo dell'Avvento ce lo presenta a ridosso di Giovanni Battista cosicché l'accostamento ne fa' risaltare ancor più certi tratti.
Giovanni mangiava cavallette e vestiva di peli di cammello errando in una zona desertica della Giudea. Giuseppe viveva in un piccolo villaggio della Galilea e si stava tranquillamente preparando alle nozze.
Il Battista era "voce di uno che grida nel deserto". Lo sposo di Maria non dice una parola in tutto il Vangelo.
Giovanni denunciava: "razza di vipere, chi vi ha suggerito di sfuggire all'ira imminente?". Giuseppe sembra essere di una docilità infinita. Obbedisce in silenzio .
Personalmente, ho intuito più da vicino la grandezza di Giuseppe proprio all'inizio della mia presenza qui in Bénin, due anni fa'. Saluti, abbracci e baci prima di partire dall'Italia e poi, dopo soli due mesi, di nuovo in Italia per accompagnare un bambino di una nostra casa di accoglienza di Cotonou a fare due operazioni ai due occhi. Complessivamente un mese di ospedale, dormendo nella stessa camera, vivendo con lui ogni momento compresa la sala operatoria, a volte essendo obbligato anche a rinunciare alla celebrazione della S. Messa. Un bambino conosciuto la mattina stessa del volo d'aereo per l'Italia. Disponibilità totale per una creatura … che non ti appartiene. Eppure poi ti accorgi che lo stai generando nel cuore, nell'affetto , che ti sta diventando figlio: perché? Per il semplice fatto che gli vuoi bene e chi gli stai consegnando tutto, e che per lui stai rinunciando a tutto: alla tua Missione, alle tue abitudini di vita da convento, anche al più santo desiderio di celebrare Messa. Ho capito più che mai che la Santità di Giuseppe è di un'altezza siderale, irraggiungibile.
La santità di Giuseppe è lo svuotamento totale da ogni progetto umanamente lecito per accogliere la pienezza del piano divino. La sua vita è il "vuoto-assenza di ostacoli" a ciò che in Maria sua sposa è pienezza … di Grazia, presenza di Colui che è generato dallo Spirito.
Giuseppe ha preso in custodia un Figlio che non "veniva" da lui.
Ha preso in sposa una donna rimanendo celibe. Ha portato i pesi della vita familiare senza assaporarne le gioie umane. Per questo la beatitudine del Santo Giuseppe viene tutta dall'Alto, dal sapere amare nello Spirito e secondo lo Spirito.
Solo una vita nello Spirito ci può liberare dall'ansia di realizzare, di fare, di far parlare, di incidere; chi ama nello Spirito non si attacca a nulla . Chi ama nello Spirito ha i piedi per terra ma il cuore già in Paradiso.
(cfr. Mt 1, 18-24)
La persona di Giuseppe è intrigante. Il periodo dell'Avvento ce lo presenta a ridosso di Giovanni Battista cosicché l'accostamento ne fa' risaltare ancor più certi tratti.
Giovanni mangiava cavallette e vestiva di peli di cammello errando in una zona desertica della Giudea. Giuseppe viveva in un piccolo villaggio della Galilea e si stava tranquillamente preparando alle nozze.
Il Battista era "voce di uno che grida nel deserto". Lo sposo di Maria non dice una parola in tutto il Vangelo.
Giovanni denunciava: "razza di vipere, chi vi ha suggerito di sfuggire all'ira imminente?". Giuseppe sembra essere di una docilità infinita. Obbedisce in silenzio .
Personalmente, ho intuito più da vicino la grandezza di Giuseppe proprio all'inizio della mia presenza qui in Bénin, due anni fa'. Saluti, abbracci e baci prima di partire dall'Italia e poi, dopo soli due mesi, di nuovo in Italia per accompagnare un bambino di una nostra casa di accoglienza di Cotonou a fare due operazioni ai due occhi. Complessivamente un mese di ospedale, dormendo nella stessa camera, vivendo con lui ogni momento compresa la sala operatoria, a volte essendo obbligato anche a rinunciare alla celebrazione della S. Messa. Un bambino conosciuto la mattina stessa del volo d'aereo per l'Italia. Disponibilità totale per una creatura … che non ti appartiene. Eppure poi ti accorgi che lo stai generando nel cuore, nell'affetto , che ti sta diventando figlio: perché? Per il semplice fatto che gli vuoi bene e chi gli stai consegnando tutto, e che per lui stai rinunciando a tutto: alla tua Missione, alle tue abitudini di vita da convento, anche al più santo desiderio di celebrare Messa. Ho capito più che mai che la Santità di Giuseppe è di un'altezza siderale, irraggiungibile.
La santità di Giuseppe è lo svuotamento totale da ogni progetto umanamente lecito per accogliere la pienezza del piano divino. La sua vita è il "vuoto-assenza di ostacoli" a ciò che in Maria sua sposa è pienezza … di Grazia, presenza di Colui che è generato dallo Spirito.
Giuseppe ha preso in custodia un Figlio che non "veniva" da lui.
Ha preso in sposa una donna rimanendo celibe. Ha portato i pesi della vita familiare senza assaporarne le gioie umane. Per questo la beatitudine del Santo Giuseppe viene tutta dall'Alto, dal sapere amare nello Spirito e secondo lo Spirito.
Solo una vita nello Spirito ci può liberare dall'ansia di realizzare, di fare, di far parlare, di incidere; chi ama nello Spirito non si attacca a nulla . Chi ama nello Spirito ha i piedi per terra ma il cuore già in Paradiso.
sabato 11 dicembre 2010
Commento al Vangelo della III Domenica d'Avvento Anno A: 12 dic. 2010.
Anche in Bénin è arrivato il Messia (cfr Mt 11, 2-11)
Di male in peggio! Giovanni Battista passa dal deserto alla prigione. Dall'esilio volontario da questo mondo che ha già la scure alla radice, all'esilio forzato , voluto da chi cerca di mettere il bavaglio alla sua voce che grida nel deserto, che grida la Parola di verità. La verità scomoda , come sempre, gridata da chi aveva tanti peli (di cammello) nel suo vestito , ma evidentemente non li aveva affatto sulla lingua.
Chi viene dalla Verità è anche capace di riconoscere la verità. Giovanni è sicuro della sincerità e dell'autorità di Gesù. Se avesse dubitato non avrebbe mandato degli emissari proprio a Gesù per sapere se era Lui il Messia. Giovanni sa che la parola di Gesù è parola di verità.
Gesù rimanda alle scritture. Ognuno deve vedere in Gesù il compimento delle attese dell'AT , in questo caso delle profezie di Isaia ( cfr la prima lettura di oggi, Is 35,5-6: …Siate forti, non temete, ecco il vostro Dio…si schiuderanno gli occhi dei ciechi, si apriranno le orecchie dei sordi, lo zoppo salterà come un cervo, e la lingua del muto griderà la sua gioia").
Non basta riconoscere in Gesù un uomo mandato da Dio, ma ognuno deve vedere il Lui esattamente il Liberatore che Dio aveva promesso a Israele , e credere così che Dio mantiene parola. Lui è fedele per tutte le generazioni.
I segni della sua fedeltà sono presenti anche qui in Bénin, terra d'Africa così lontana nello spazio e nel tempo dalla Palestina di Gesù.
Nel nome di Gesù tanti malati sono guariti, tante sofferenze alleviate. Ieri , il maestro della scuola elementare del nostro villaggio di Ouessé mi diceva dei rari casi di mortalità infantile , grazie proprio alla presenza del vicino dispensario tenuto dai padri Camilliani.
Nel nord del Bénin pregiudizi tribali condannano a morte alcuni bambini ritenuti stregoni perché nati con parto podalico o con contestuale morte della mamma . Dove ci sono famiglie cristiane questi bambini vengono salvati e accolti e cresciuti. Non sono anche questi " morti " che risuscitano?
A tutti, anche qui in Bénin, è annunciata la Buona Notizia che Dio perdona, libera dalla morte e ci accompagna alla gioia eterna e senza limiti del Paradiso laddove, qui come altrove, si vive spesso sotto il giogo della paura di qualche spirito malefico o dello spirito vendicativo di qualche defunto.
Si , il Messia è arrivato anche qui in Bénin ! Dio sia benedetto! Ditelo a tutti. E questo è solo l'inizio.
Di male in peggio! Giovanni Battista passa dal deserto alla prigione. Dall'esilio volontario da questo mondo che ha già la scure alla radice, all'esilio forzato , voluto da chi cerca di mettere il bavaglio alla sua voce che grida nel deserto, che grida la Parola di verità. La verità scomoda , come sempre, gridata da chi aveva tanti peli (di cammello) nel suo vestito , ma evidentemente non li aveva affatto sulla lingua.
Chi viene dalla Verità è anche capace di riconoscere la verità. Giovanni è sicuro della sincerità e dell'autorità di Gesù. Se avesse dubitato non avrebbe mandato degli emissari proprio a Gesù per sapere se era Lui il Messia. Giovanni sa che la parola di Gesù è parola di verità.
Gesù rimanda alle scritture. Ognuno deve vedere in Gesù il compimento delle attese dell'AT , in questo caso delle profezie di Isaia ( cfr la prima lettura di oggi, Is 35,5-6: …Siate forti, non temete, ecco il vostro Dio…si schiuderanno gli occhi dei ciechi, si apriranno le orecchie dei sordi, lo zoppo salterà come un cervo, e la lingua del muto griderà la sua gioia").
Non basta riconoscere in Gesù un uomo mandato da Dio, ma ognuno deve vedere il Lui esattamente il Liberatore che Dio aveva promesso a Israele , e credere così che Dio mantiene parola. Lui è fedele per tutte le generazioni.
I segni della sua fedeltà sono presenti anche qui in Bénin, terra d'Africa così lontana nello spazio e nel tempo dalla Palestina di Gesù.
Nel nome di Gesù tanti malati sono guariti, tante sofferenze alleviate. Ieri , il maestro della scuola elementare del nostro villaggio di Ouessé mi diceva dei rari casi di mortalità infantile , grazie proprio alla presenza del vicino dispensario tenuto dai padri Camilliani.
Nel nord del Bénin pregiudizi tribali condannano a morte alcuni bambini ritenuti stregoni perché nati con parto podalico o con contestuale morte della mamma . Dove ci sono famiglie cristiane questi bambini vengono salvati e accolti e cresciuti. Non sono anche questi " morti " che risuscitano?
A tutti, anche qui in Bénin, è annunciata la Buona Notizia che Dio perdona, libera dalla morte e ci accompagna alla gioia eterna e senza limiti del Paradiso laddove, qui come altrove, si vive spesso sotto il giogo della paura di qualche spirito malefico o dello spirito vendicativo di qualche defunto.
Si , il Messia è arrivato anche qui in Bénin ! Dio sia benedetto! Ditelo a tutti. E questo è solo l'inizio.
sabato 4 dicembre 2010
Commento al Vangelo della II Domenica d'Avvento Anno A: 5 dic. 2010.
GIOVANNI IL BATTEZZATORE:
A CHI AVRA' FATTO I SUOI PISTOLOTTI , IN MEZZO AL DESERTO?
cfr. Mt 3,1-12
Si dice che San Francesco d'Assisi una volta avesse anche predicato a degli uccelli. Ma nel deserto a chi avrà predicato Giovanni, figlio di Zebedeo, detto il Battezzatore? Lui , lo avrà trovato almeno qualche passeretto a cui rivolgere i suoi sermoncini?
Ammettiamo pure che la regione montagnosa della Giudea dove si recò il Battista non fosse proprio così desolata come ce la descrive la nota della Bibbia di Gerusalemme; ammettiamo pure che ci sarà stato qualche pastore nomade, o qualche viandante. Il punto è: uno che deve lanciare un grido di allarme perché "il Regno dei Cieli è vicino" perché "la scure è già alla radice degli alberi", perché non va a gridarlo nel bel mezzo della città, in mezzo alle folle? Detto altrimenti : gli sta a cuore o no il pentimento e la conversione dei suoi fratelli , oppure si preoccupa solo di salvare se stesso?
Un esempio analogo ce l'abbiamo qui in Bénin dove una comunità di suore ( di clausura ) Clarisse Cappuccine provenienti da Mercatello sul Metauro ( PU ), è venuta ad annunciare il Vangelo con la propria vita. Vivono in mezzo alla boscaglia beninese! A chi annunciano? A chi può parlare la loro vita?
Giovanni predica il pentimento e chiede di fare frutti degni di tale pentimento. Andando nel deserto, rivestito solo di un panno e di peli di cammello e nutrendosi solo di miele selvatico e cavallette, lui è il primo a vivere ciò che annuncia. Lui è il primo a non accontentarsi di essere figlio di Abramo e a produrre segni concreti di un cuore nuovo.
Giovanni va nel deserto perché ha talmente urgenza di preparare nei cuori degli uomini la strada al Messia che lui stesso inizia in sé un'opera radicale di spogliamento , di mortificazione e di una totale messa a disposizione della propria vita.
E' sempre così: la prima e più efficace predica è quella della vita. Quel battesimo di fuoco operato dal Messia e al quale Giovanni ci vuole preparare , Lui, lo ha già anticipato nella passione del suo cuore. Lui il fuoco ce l'ha già dentro e per non estinguerlo cerca di tenersi lontano dai richiami del mondo , dalle comodità della città , dalle lusinghe di una religiosità accomodata che non ti domanda troppo ( … e chi non ti potrà mai dare nulla ).
E' il profumo di qualcosa di vero e autentico che attira i cuori; "…e allora andavano da lui Gerusalemme, tutta la Giudea, e tutta le regione del Giordano, … confessando i loro peccati " ( Mt 3,5 ).
Quante volte avremo sentito dirci che la penitenza più importante è quella del cuore e che non contano le penitenze in quanto tali ma la conversione profonda del cuore? Tutto vero. Si pone un problema: se non poniamo in essere segni concreti di cambiamento, di una qualche rinuncia a noi stessi, al nostro mondo, al nostro quietismo, come non dubitare addirittura della nostra reale volontà di cambiare direzione, di dare una svolta alla nostra vita?
A tutti noi il dovere di una risposta.
A CHI AVRA' FATTO I SUOI PISTOLOTTI , IN MEZZO AL DESERTO?
cfr. Mt 3,1-12
Si dice che San Francesco d'Assisi una volta avesse anche predicato a degli uccelli. Ma nel deserto a chi avrà predicato Giovanni, figlio di Zebedeo, detto il Battezzatore? Lui , lo avrà trovato almeno qualche passeretto a cui rivolgere i suoi sermoncini?
Ammettiamo pure che la regione montagnosa della Giudea dove si recò il Battista non fosse proprio così desolata come ce la descrive la nota della Bibbia di Gerusalemme; ammettiamo pure che ci sarà stato qualche pastore nomade, o qualche viandante. Il punto è: uno che deve lanciare un grido di allarme perché "il Regno dei Cieli è vicino" perché "la scure è già alla radice degli alberi", perché non va a gridarlo nel bel mezzo della città, in mezzo alle folle? Detto altrimenti : gli sta a cuore o no il pentimento e la conversione dei suoi fratelli , oppure si preoccupa solo di salvare se stesso?
Un esempio analogo ce l'abbiamo qui in Bénin dove una comunità di suore ( di clausura ) Clarisse Cappuccine provenienti da Mercatello sul Metauro ( PU ), è venuta ad annunciare il Vangelo con la propria vita. Vivono in mezzo alla boscaglia beninese! A chi annunciano? A chi può parlare la loro vita?
Giovanni predica il pentimento e chiede di fare frutti degni di tale pentimento. Andando nel deserto, rivestito solo di un panno e di peli di cammello e nutrendosi solo di miele selvatico e cavallette, lui è il primo a vivere ciò che annuncia. Lui è il primo a non accontentarsi di essere figlio di Abramo e a produrre segni concreti di un cuore nuovo.
Giovanni va nel deserto perché ha talmente urgenza di preparare nei cuori degli uomini la strada al Messia che lui stesso inizia in sé un'opera radicale di spogliamento , di mortificazione e di una totale messa a disposizione della propria vita.
E' sempre così: la prima e più efficace predica è quella della vita. Quel battesimo di fuoco operato dal Messia e al quale Giovanni ci vuole preparare , Lui, lo ha già anticipato nella passione del suo cuore. Lui il fuoco ce l'ha già dentro e per non estinguerlo cerca di tenersi lontano dai richiami del mondo , dalle comodità della città , dalle lusinghe di una religiosità accomodata che non ti domanda troppo ( … e chi non ti potrà mai dare nulla ).
E' il profumo di qualcosa di vero e autentico che attira i cuori; "…e allora andavano da lui Gerusalemme, tutta la Giudea, e tutta le regione del Giordano, … confessando i loro peccati " ( Mt 3,5 ).
Quante volte avremo sentito dirci che la penitenza più importante è quella del cuore e che non contano le penitenze in quanto tali ma la conversione profonda del cuore? Tutto vero. Si pone un problema: se non poniamo in essere segni concreti di cambiamento, di una qualche rinuncia a noi stessi, al nostro mondo, al nostro quietismo, come non dubitare addirittura della nostra reale volontà di cambiare direzione, di dare una svolta alla nostra vita?
A tutti noi il dovere di una risposta.
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