giovedì 31 luglio 2025

Quali beni e quale Bene

 

Commento al Vangelo della XVIII domenica del TO, anno C - 3 agosto 2025


Dal Vangelo secondo Luca (12,13-21)

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

 Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».


Commento

 Due tipi di stoltezza si sommano nei ragionamenti di questo ipotetico uomo ricco. Anzitutto nessuno può essere sicuro della lunghezza della propria vita. Non è un’affermazione, questa, del Catechismo ma di quanto più constatabile c’è nella vita: non possiamo essere sicuri del nostro domani, e neppure ci sentiamo rassicurati dal fatto che prima o poi, comunque, raggiungeremo tutti il posto fisso!

La seconda stoltezza dell’uomo della parabola di oggi è che, in ogni caso, per quanto la vita possa essere lunga, non potremo portare con noi nulla dei beni che saremo riusciti ad accumulare quaggiù. Beh, di fatto, anche questo può essere oggetto di verifica: è sufficiente osservare quante dispute sorgono sulle ricchezze lasciate da chi è salito al Padre. Non nasce forse da una disputa su un’eredità l’episodio dell’odierno vangelo ! Ecco la domanda, allora: “Quello che hai preparato, di chi sarà?” 
L’uomo invece che arricchisce davanti a Dio è colui che si preoccupa di tesaurizzare, di accumulare gli unici beni che possono essere traslocati oltre il termine della vita biologica: quelli condivisi e donati agli altri. Costui non avrà da temere la morte improvvisa perché sempre in ogni momento il Signore lo troverà indaffarato a costruire il regno dell’amore in lui e intorno a lui, e inoltre troverà poi moltiplicati tutti i suoi sforzi compiuti in questo mondo.

Quindi il messaggio è proprio racchiuso nella frase di Gesù: La vita, quella vera, quella che dura oltre la soglia del tempo, non dipende da ciò che si possiede qui in questo mondo. Possiamo aggiungere: dipende piuttosto da ciò che si è capaci di donare agli altri. Non solo beni materiali, ma anche il nostro tempo, la pazienza, la compassione. Sinteticamente: qualcosa della nostra stessa vita, perché - dice Gesù - “chi vuol salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”. (Mt 16,25). 

giovedì 24 luglio 2025

La luce trasfigurante della preghiera

 

 Commento al Vangelo della XVII Domenica del TO, anno C – 27 luglio 2025


+ Dal Vangelo secondo Luca (11,1-13)

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».


Commento

 Quel discepolo chiese a Gesù di insegnare loro a pregare dopo che Gesù stesso ebbe terminato di vivere un tempo di preghiera. I vangeli ci raccontano un unico episodio della trasfigurazione del volto di Gesù, ma è facile immaginare che ogni volta che questi si ritirava in solitudine per mettersi alla presenza di Dio Padre, la sua persona dovesse trasmettere una forza e una presenza effettivamente divina, al di là del fatto che Gesù – lo sappiamo – era Dio fin dal concepimento nel grembo di Maria sua madre. Ricordiamo che anche Mosè, scendendo dal monte Sinai dopo aver incontrato il Signore, aveva la pelle del suo viso che era divenuta raggiante (cf. Es 34,30).
I discepoli, quindi, provano a chiedere una via di accesso a quella intimità che il loro Maestro sperimentava con Dio Padre. E in effetti la prima cosa che Gesù propone ai discepoli di tutti i tempi è proprio quella di rivolgersi a Dio chiamandolo ‘Padre’. Non vogliamo ora entrare in un commento dettagliato delle singole espressioni, ma questo vale la pena di essere sottolineato: chiamare Dio ‘padre’, in modo confidenziale. Direbbe il salmo 130: “come bimbo svezzato in braccio a sua madre”, per mettersi anzitutto alla sua presenza con atteggiamento umile ma fiducioso, come farebbe un figlio, normale, verso i suoi genitori. Questa intima confidenza è proprio ciò che viene realizzata dallo Spirito Santo in noi, che è comunione del Padre e del Figlio, il dono per eccellenza.
Don Luigi Giussani diceva che “In un certo senso ciò che brama il santo non è la santità come perfezione; è la santità come incontro, appoggio, adesione, immedesimazione con Gesù Cristo” (Giussani, Alla ricerca del volto umano, pag 171).

Possiamo dire che la preghiera del Signore, il Padre nostro, ci permette - non tanto e non anzitutto con le parole ma con l’atteggiamento del cuore che richiede - di entrare nelle disposizioni di Gesù, di – appunto – immedesimarci con Gesù. Lui certamente figlio di Dio per natura, noi figli per grazia ricevuta, per l’energia del suo Santo Spirito. La prima cosa a cui dobbiamo tendere – allora - non è la perfezione morale, ma di metterci e di restare sempre alla presenza del Signore. Quando dovessimo smarrirla non basteranno tutti paradisi artificiali di questo mondo a compensare questa mancanza. In una canzone dei primi anni ‘80 Renato Zero diceva, non a torto, che “un drogato è soltanto un malato di nostalgia”. 

venerdì 18 luglio 2025

L’uomo della soglia

  

Commento al vangelo della XVI Domenica del Tempo Ordinario, anno C – 20 luglio 2025


Dal Vangelo secondo Luca (10,38-42)

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. 
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Commento 

 Nel primo documento del suo pontificato papa Francesco scrive: “nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore. Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte”. (EG 3).
Vuole dire che non siamo noi che andiamo in cerca del Signore ma è piuttosto lui che ci viene a cercare, per portarci la sua gioia e lo fa attendendo il nostro ritorno anche quando ci siamo allontanati.
La casa delle due sorelle Marta e Maria è l’immagine simbolica del cuore dell’uomo, come pure lo è la tenda in cui Abramo riceve la visita di tre misteriosi personaggi a Mamre, di cui si parla nella prima lettura di questa domenica.
Sempre il Signore viene a visitarci. Lo può fare incontrandoci nella sofferenza di un malato nella quale  chiede di essere visitato, o nella disgrazia di una vittima di violenza nella quale chiede di essere soccorso: pensate alla parabola del buon samaritano di domenica scorsa. Molti di voi stanno vivendo momenti di riposo: ebbene, certamente il Signore ci può visitare anche nella bellezza di un paesaggio, o di una creazione artistica. 
La preferenza che Gesù accorda alla scelta di Maria di sedersi in ascolto della sua parola, rispetto al totale coinvolgimento di Marta nel servire (nel servire Gesù per altro) non è necessariamente il dare la  priorità della vita contemplativa sulla vita attiva, quanto il sottolineare la profondità che siamo invitati a custodire in tutte le cose che facciamo; soprattutto di questi tempi in cui ormai la tecnologia ci potrebbe spingere alla superficialità permettendoci di fare due-tre cose alla volta: guidare la macchina e parlare al telefono (sempre in viva voce, speriamo), pranzare e rispondere a dei messaggi, e così via. 
Certamente, non potremo mai fare a meno di spazi di silenzio per ascoltare il silenzio, e per ascoltare nel silenzio le indicazioni della nostra coscienza, ma l’atteggiamento di Maria, l’ascolto della parola del Signore, lo scegliersi la parte migliore è anche, e forse soprattutto, custodire profondità e pacatezza in ogni cosa o mansione che assolviamo nella giornata. Concludo con una citazione del grande Sant’Agostino che nelle Confessioni scrisse: “Signore, tu eri dentro di me, ma io ero fuori: E là ti cercavo.” Proprio così: il Signore chiede ospitalità in casa nostra, nel nostro cuore, ma si mette sulla soglia e lì ci attende.

giovedì 10 luglio 2025

La pienezza della Legge

 

 Commento al Vangelo della XV domenica del TO, anno C – 13 luglio 2025


+ Dal Vangelo secondo Luca (10,25-37)


In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

 

Commento

 Al capitolo XXVIII de I Promessi sposi Alessandro Manzoni riporta una considerazione dell’anonimo autore a cui fittiziamente egli attribuisce il suo romanzo: “… si dovrebbe pensare piú a far bene, che a star bene: e cosí si finirebbe anche a star meglio". 
Se permettete, questa è un’ottima sintesi del senso del comandamento dell’amore, e dell’amore al prossimo in particolare, che ci viene trasmesso dall’odierna parabola del buon samaritano. Non possiamo amare e prenderci cura dell’altro solo in virtù dell’obbedienza ad un comandamento, (anche venisse da Dio in persona!) ma possiamo farlo solo a partire da almeno due considerazioni.
La prima è che la compassione, l’attenzione per l’altro non dobbiamo inventarcela noi, perché Dio per primo ha amato noi e ci ha messo il suo amore nel cuore. Gesù è il vero buon samaritano della storia, della storia di ogni uomo, di ogni mal capitato che sulle strade di questo mondo è mezzo morto non necessariamente per delle percosse, ma perché gli è stata sottratta una prospettiva di speranza, di un avvenire felice, o perché vittima delle sue false illusioni, e sappiamo bene che quanto più inconsistenti sono le illusioni, tanto più disastrose sono le delusioni.
La seconda è che la legge dell’amore è impressa nel cuore dell’uomo. Prima di farla scrivere su tavole di pietra, Dio ha impresso il senso tutti i comandamenti nel profondo del nostro cuore, per cui disobbedire ad essi è fondamentalmente un disobbedire alla nostra umanità, alla nostra capacità e possibilità di una pienezza di vita, o se preferite, alla possibilità di felicità.
Ecco perché San Paolo scrivendo ai cristiani della Galazia dice che “Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Gal 5,14).
Questo che vengo di dire non è più scontato neppure nella mentalità di alcuni cristiani contemporanei, sostenitori del principio: “prima ci sono io - o noi - e poi eventualmente gli altri (come di fatto pensarono il levita e il sacerdote).
Ma forse avranno letto un vangelo diverso da quello di Gesù di Nazaret!



venerdì 4 luglio 2025

Preghiera di Papa Leone XIV per la rete mondiale di preghiera - luglio 2025

 

Spirito Santo, tu, luce della nostra intelligenza,
soffio e dolcezza nelle nostre decisioni,
dammi la grazia di ascoltare attentamente la tua voce
per discernere i passaggi segreti del mio cuore,
perché io possa cogliere ciò che è veramente importante per te
e liberare il mio cuore dai suoi tormenti.
Ti chiedo la grazia di imparare a fermarmi,
per prendere coscienza del mio modo di agire,
dei sentimenti che mi abitano,
dei pensieri che mi invadono
e che, molto spesso, nemmeno percepisco.
Desidero che le mie scelte
mi conducano alla gioia del Vangelo.
Anche se dovrò attraversare momenti di dubbio e di stanchezza,
anche se dovrò combattere, riflettere, cercare, ricominciare…
Perché, alla fine del cammino,
la tua consolazione è il frutto di una decisione giusta.
Concedimi di conoscere meglio ciò che mi anima,
per respingere ciò che mi allontana da Cristo,
e per amarlo e servirlo sempre di più.
Amen.

giovedì 3 luglio 2025

Credenti e quindi credibili

 

 Commento al vangelo della XIV Domenica del TO, anno C – 6 luglio 2025


Dal Vangelo secondo Luca (10,1-9 forma breve)

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

 

 Commento

C’è molto più di un’indicazione da galateo del buon discepolo: nelle raccomandazioni date da Gesù ai 72, inviati nei luoghi dove egli stava per recarsi, c’è la trasmissione di una forma di vita che esprime e manifesta una sostanza, una realtà presente e operante: quella del Regno di Dio. Infatti le uniche parole che  Gesù invita a proclamare sono: “Pace a questa casa” e “E’ vicino a voi il regno di Dio”. La pace è il primo annuncio che da risorto Gesù dirà ai suoi apostoli riuniti nel cenacolo la sera del giorno stesso della sua risurrezione. Quindi è come se quei 72 annunciassero in anticipo quello che Gesù realizzerà nel suo corpo al compimento della sua Pasqua, cioè della sua Passione morte e resurrezione; come se la luce dell’evento pasquale potesse illuminare fin da subito la speranza degli amici di Gesù e di chi li accoglie.

Oltre a questo il loro stesso stile di vita, assolutamente sobrio e libero dalle più semplici esigenze materiali, fino ad accontentarsi di ciò che verrà loro dato da mangiare (ripetuto per ben due volte) testimonia la loro assoluta fiducia in colui che li ha inviati. Dirà San Paolo qualche anno più tardi che, dopo aver a lungo pregato il Signore di essere liberato da una non meglio precisata ‘spina nella carne’, il Signore stesso gli disse: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12,9). 
Ecco perché i discepoli di Cristo Gesù non dovranno mai temere l’indigenza e tutte le condizioni sfavorevoli che dovranno fronteggiare, anche causate della stessa fede di cui si faranno portatori. 
Anzi, proprio il loro andare per il mondo in quel modo indicato da Gesù sarà il miglior modo per dire con la vita, prima che con le parole, la fiducia nella forza vincente e liberante dell’amore di Dio, di quello che Gesù chiama il regno di Dio’.

 Grazie alla testimonianza di credibilità degli inviati del Signore sarà allora possibile un incontro personale di ciascuno con lui. Questo avvenne in quel frangente raccontato dal vangelo di oggi, ma avviene anche ai nostri giorni: quando ci sono cristiani sinceramente credenti e quindi credibili si creano le condizioni più favorevoli perché le persone facciano esperienza della presenza del Signore.