giovedì 9 marzo 2023

La vera sete

 

Commento al Vangelo della III Domenica di Quaresima/A – 12 marzo 2023


Dal Vangelo secondo Giovanni (Forma breve: 4, 5-15.19b-26.39a.40-42).

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 

Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».


Commento

 La tecnica di approccio di Gesù alla donna samaritana ha il sapore di un tentativo di primo corteggiamento: e così è di fatto. La differenza è che egli non cerca di attrarla alla sua persona, ma – tramite se stesso – all’amore del Padre che lo ha inviato tra noi.
Egli si mostra bisognoso, perché in realtà lo è, ma fa di questa sua situazione di bisogno l’occasione per incontrare una sete ben più grande della propria, cioè il desiderio del cuore di una donna che non va giudicata per il suo spirito libertino, essendo al sesto pseudo-marito, ma va considerata per la parte sana di quell’inquietudine che la porta a non accontentarsi, a non darsi pace finché non raggiunga l’oggetto insostituibile della sua sete, l’unico che la possa dissetare.

Ci viene rivelata in questa scena la potenza della debolezza dell’uomo Gesù. Questi estingue la sete della donna e anche la nostra – ne siamo certi – mostrandosi in tutta la sua fragilità. Capiamo di qui anche il significato di quelle due parole in croce, tra le ultime della sua esistenza terrena, “Ho sete”. Si, Gesù ha sete, ma in quel dolore oggettivo e storico, egli sazierà il desiderio di vita di tutti coloro che si sono persi dietro ad ambizioni e desideri vuoti.

Un paradosso che potrà rivelarsi nella vita di ogni suo discepolo che accetti sinceramente di vivere la propria umana debolezza affidandosi alla sua forza. San Paolo ci ricorda che: “quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10). Evidentemente allude proprio al fatto che l’accettazione per amore di Cristo del proprio limite apre la strada alle meraviglie della potenza di Dio. Concludo con una bellissima espressione di Papa Francesco tratta dalla sua lettera “Patris corde”, al n. 2, dell’8 dicembre 2020, che va esattamente nella stessa direzione: “La storia della salvezza si compie «nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18) attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza.”