giovedì 10 dicembre 2020

Commento al Vangelo della III Domenica di Avvento - anno B - 13 dicembre 2020


 

ACCOGLIERE PER TESTIMONIARE


 

TESTO (Gv 1,6-8.19-28)

 

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


COMMENTO

Giovanni Battista afferma la sua identità dinanzi ai sacerdoti e leviti ponendosi in relazione, in riferimento ad altro da sé, all’Altro, a Colui che come luce viene nel mondo. L’Evangelista stesso nel prologo lo presenta come colui che “venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui”.
Il Battista ci insegna così il segreto della grandezza della nostra umanità: il metterci in relazione al Figlio di Dio, Gesù, il Cristo, la luce venuta nel mondo. Se il Signore Gesù, lui stesso, dice che fa quello che vede fare dal Padre e che è venuto per fare la sua volontà, quanta più attenzione dovremmo avere noi, figli per grazia ricevuta!
Ma come è difficile pensarci come un dono per l’altro! Come è difficile per la nostra mentalità individualista accettare la nostra costitutiva vocazione alla comunione, e alla comunione in Cristo, come ricorda San Paolo all’inizio della Prima lettera ai Corinti!

Eppure Papa Francesco nella Christus vivit (n.286) rivolto a tutti i giovani dice che “Tante volte, nella vita, perdiamo tempo a domandarci: “Ma chi sono io?” Tu puoi domandarti chi sei tu e fare tutta una vita cercando chi sei tu. Ma domandati: “Per chi sono io?”…Dio ha posto in te molte qualità, inclinazioni, doni e carismi che non sono per te, ma per gli altri”.

Il Battista annuncia che in mezzo a loro è già presente il Messia, lo sposo dell’umanità a cui nessuno deve cedere tale diritto, perché gli compete per Natura, ma essi non lo conoscono, e non lo potranno conoscere proprio perché orientati a sé stessi, alla propria religiosità meritocratica. E anche Gesù dirà: “E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?” (Gv 5,44).

La parola d’ordine è proprio accoglienza, accoglienza della luce che viene ad illuminare il buio del mondo, del Cristo Gesù che viene a farci brillare di quella gloria che lui stesso riceve dal Padre e che ci trasmette nella forza dello Spirito Santo.