martedì 22 marzo 2016

Commento al Vangelo della Pasqua di risurrezione; 27 marzo 2016



Risurrezione: il duello tra ragione e fede


TESTO  (Gv 20,1-9)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 


Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 


Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.



COMMENTO

Si può credere o non credere alla testimonianza di chi dice di aver visto, di chi ha poi raccontato e di chi, alla fine ha messo per scritto. La cosa affascinante è che il racconto dell’evangelista Giovanni, come quello degli altri tre,  non sia stato mai smentito da nessun personaggio autorevole contemporaneo e che comunque ci sia pervenuto integro dal 90 – 100 d.C. fino ai nostri giorni.

La pietra rotolata dal sepolcro è un particolare scomodo che fa pensare piuttosto ad un furto. Anzi ci viene detto che la stessa Maddalena disse agli apostoli,  «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».  Ma l’evangelista ce lo racconta ugualmente.

E poi i teli posati, come di qualcuno che è stato spogliato della sua veste di morte, non certo trafugato, perché chi ruba un cadavere perché mai dovrebbe preoccuparsi di spogliarlo!

Infine il sudario; quel sudario che serviva per arrotolare la testa e per non far spalancare la bocca al cadavere; viene trovato ancora arrotolato, come se il volto che conteneva si fosse sfilato da dentro, lasciandolo però  nella sua forma.

I tre personaggi sono come una serie di “ondate” successive di un’umanità che è obbligata ad avvicinarsi al Mistero, al fatto oggettivo di una tomba vuota che interpella la ragione e la curiosità umana .

 La comprensione è comunitaria quasi corale: prima Maddalena offre un tentativo di spiegazione, poi il coraggio di addentrarsi nei fatti da parte dei due, e poi un atto di fede che illumina e rende conto di tutto quello che essi avevano visto, udito e vissuto. Questo siamo chiamati a fare anche noi: a non avere paura di percorrere l’arduo cammino del Mistero, di fatti che ci superano, ci interrogano e ci chiedono uno sguardo nuovo, contemplativo, disincantato della realtà.

venerdì 18 marzo 2016

Commento al Vangelo della Domenica delle Palme, anno C; 20 marzo 2016



  Entriamo nell'oggi di Gesù ! 


TESTO  ( Lc 23,39-46 )

[…] Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.[…]


COMMENTO

La parabola del figlio sprecone ascoltata due domeniche fa’ rimane aperta sul futuro di quel figlio tornato a casa. Nel racconto Gesù è interessato a dirci che il Padre lo accoglie, lo risuscita come figlio e poi il figlio, chissà cosa farà. Domenica scorsa un frangente di vita vera, con una donna (e un uomo) che hanno tradito i loro affetti: la donna viene liberata da Gesù, ma anche qui non ci viene detto cosa farà questa donna poi; e fra l’altro, in questo caso, neppure qualcosa del suo desiderio o meno di cambiar vita. 

Qui sulla croce invece la partita si conclude in maniera chiara e definitiva. Il ladro condannato, si perdoni il termine, alla fine ruba anche il paradiso (“oggi sarai con me in Paradiso”).  Perché il suo pentimento arriva fino a riconoscere non solo di aver sbagliato ma anche che quell’uomo, ingiustamente condannato accanto a Lui, può riservagli un posto nel suo Regno.

Dopo tanti inviti alla penitenza e alla conversione dei vangeli delle domeniche precedenti, le ultime parole di Gesù in croce appena ascoltate sono come il gran finale di una maestosa opera musicale. 

Gesù non rigetta nulla di quanto l’uomo è disposto ad offrirgli, e questo fino all’ultimo momento, anche se alcuni potrebbero discutere la sincerità della fede di chi ormai non aveva nulla da perdere e che poteva rivolgersi a Gesù più per disperazione che per una vera speranza come noi la intendiamo. Ma Gesù non rigetta neppure una fede così risicata, così strappata all’ultimo minuto, perché comunque vera, libera, laddove l’altro ladrone invece lo insultava e anzi, ci dice il testo originale, lo bestemmiava. 

Il Signore dia a tutti noi il coraggio e l’umiltà di accogliere la sua salvezza e di entrare nel suo ”oggi”.  

mercoledì 9 marzo 2016

Commento al Vangelo della V Domenica di Quaresima, anno C; 13 marzo 2016



COSI’ BELLO DA NON SEMBRARE VERO


TESTO  ( Gv 8,1-11 )

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. 
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. 
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». 


COMMENTO

Pensate: in questo episodio tanta è l’indulgenza di Gesù verso l’adultera che a molti antichi biblisti sembrò non fosse autentico, che fosse stato inserito nel Vangelo di Giovanni, almeno in alcuni manoscritti, in tempi successivi. 

Invece noi sappiamo, e la Chiesa ce ne dà conferma , che il fatto è autentico e anzi annuncia in modo bellissimo e chiaro l’atteggiamento di Dio , e quindi di Gesù, verso chi sbaglia.

Gesù non smentisce la legge antica: l’adulterio era e resta peccato, ma salva il peccatore, in questo caso la donna adultera, ( lasciandoci il dubbio di dove sia andato a finire l’adultero, cioè l’uomo con cui ha commesso peccato, dato che nella legge ebraica anche’egli era meritevole della stessa pena ).

Gesù di fatto invita però a non condannare e lo fa chiedendo di eseguire la sentenza a coloro che non hanno peccato. Gli anziani per primi lasciano a terra le loro pietre … perché più umili? Perché hanno avuto più tempo per accumulare più peccati? Sta di fatto che Gesù con quella frase disinnesca la miccia di un’esecuzione ormai certa e a tutti noi uditori dei secoli che sono seguiti agli avvenimenti narrati,ricorda che l’esecuzione spetta al solo Giusto , Dio stesso. 

Ci sarà pur certo un giudizio in fondo alla nostra storia personale, ma nel frattempo, fino all'ultimo istante della nostra vita il Signore continua a indicarci la via del bene: “d’ora in poi non peccare più” e ad assolverci dalle nostre colpe: “neanche io ti condanno”. 
Per quella donna di cui niente è detto e per ognuno di noi il Signore continua a sperare la conversione. All'evangelista Giovanni non interessa raccontarci il pentimento di quell'adultera (che forse non avvenne); a lui sta a cuore raccontarci che Gesù non è venuto a condannare ma a salvare, fin tanto che noi abbiamo tempo e vita per accogliere la sua Grazia .

sabato 5 marzo 2016

Commento al Vangelo della IV Domenica di Quaresima, anno C; 6 marzo 2016.


 
 
IL PERDONO CHE CI ATTENDE DA
LONTANO

 
TESTO  ( Lc 15,1-3.11-32 ) 

 In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

 Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

COMMENTO

I ragazzi di catechismo e tanti giovani più in generale chiedono spesso: “perché confessare i miei peccati ad un sacerdote? Il Signore non mi può perdonare anche senza andare al confessionale ?”

Questa parabola di Gesù ci racconta di un figlio separato che nonostante tutto è atteso a casa, tanto che il padre “quando ancora era lontano gli corse incontro” , ovviamente non potendo sapere nemmeno il motivo del suo ritorno a casa. Ma il padre aspettava , ed il suo cuore era già proteso verso quel figlio lontano. Quanto al padre la prodigalità di quel secondo figlio era già perdonata, dimenticata: al centro del suo cuore non vi era la parte di patrimonio che se ne era andata col figlio, ma il figlio stesso.  

Il figlio “ritornò in sé”. Prima di ritornare a casa egli ritorna nel suo cuore, riconsidera i suoi passi , opera un bilancio delle conseguenze positive e negative delle sue scelte di vita, e poi si mette in cammino. Solamente nell’incontro col padre ritroverà il calore umano di un abbraccio, la salvezza dalla fame e dalla nudità nella mensa festosa imbandita per lui, e in quella veste di festa lasciata da parte, in attesa di essere indossata.

Il perdono di Dio Padre viene da lontano; dall’alto della croce ci attende da ormai due mila anni. Le braccia di Gesù crocifisso sono come le braccia di questo padre della parabola che da lontano aspettava scrutando l’orizzonte. L’amore misericordioso di Dio, rivelato e donato nel sacrificio della croce, è uno sguardo di luce che scruta gli orizzonti della storia e del cuore di ogni uomo. Dio in Cristo, ha compassione di ogni vicenda e di ogni miseria umana e pazientemente attende il ritorno.

Beati però sono quegli uomini che si metteranno in cammino, che decideranno “ nel loro cuore il santo viaggio ” del ritorno dall’esilio, per tornare a gustare i frutti buoni della terra promessa. Dio ci salva e ci ama gratis , ma evidentemente non ci obbliga ad accogliere il suo amore. Chi tornerà a lui, chi tornerà nella casa del Padre la cui porta è Cristo nella sua perenne presenza storica e incarnata della Chiesa, troverà allora “cibo in abbondanza”, vivrà del calore della sua casa paterna, sperimenterà una nuova vita. " Se uno è in Cristo è una creatura nuova ". Solo in Cristo si diventa veramente creature nuove.

 L’anno giubilare in corso ci offre la possibilità di riflettere e di vivere il percorso di ritorno verso l’abbraccio del Padre, in Cristo Gesù, la porta del suo cuore misericordioso; e questo avviene in ogni tempo nei sacramenti, segni efficaci della sua Grazia, e nelle ferite di tanta umanità sofferente, eco e traccia della sua passione redentrice.