BEATI GLI INSONNI
TESTO (Mc 13, 33-37)
State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. E' come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».
COMMENTO
Non si sa più se la percepiamo o no come una bella notizia, ma in ogni caso il Signore un giorno tornerà. Non si può fare il conto alla rovescia, come per la venuta del Papa qui in Bénin, ma l’oggetto dell’attesa è certo, più certo di ogni altro avvenimento della storia. Non ci resta che vegliare.
Ciascuno ha “il suo posto” e ciascuno deve perseverare nel servizio affidatogli, e noi sappiamo che questa casa che il Padrone affida temporaneamente ai suoi servitori è la casa del Regno di Dio, la casa dove deve regnare l’amore e la pace. Ognuno di noi ha l’incarico di vivere e lavorare per il bene di tutti, perché questo ci chiede il Signore: edificare il Regno dell’amore nell’attesa del suo ritorno. Non si può pensare di essere a servizio di questo Regno pensando solamente al proprio portafoglio e vivendo solo per il lavoro e per la sicurezza economica della propria famiglia. Bisogna uscire dallo schema “lavoro-guadagno-pago-pretendo” per essere discepoli di Cristo, e mettere la nostra vita a servizio degli altri, in modo gratuito.
La vigilanza è un atteggiamento di discernimento continuo tra il bene e il male, perché se c’è il male che fa’ rumore e notizia, c’è anche il male strisciante che si insinua silenziosamente nelle coscienze e che a piccoli passi allontana dall’Amore. A furia di dire “Che male c’è?” si va lontano, ci si chiude in se stessi, ci si addormenta e non ci si indigna più di niente. Il Signore lo dice anche a noi: “vegliate!”
fra Damiano Angelucci da Fano ( OFM Capp): frate itinerante
sabato 26 novembre 2011
venerdì 18 novembre 2011
Il PAPA E' QUI IN BENIN
Che la visita di Papa Benedetto XVI inziata oggi (18 novembre 2011) sia un evento per tutto il Bénin, cattolici e non, è un fatto incontestabile. Tutti sanno che gli occhi di una buona parte del mondo saranno puntati su questo piccolo paese dell’Africa dell’Ovest, appena una lingua di terra che corre da sud a nord per circa 1000 km e che è grande quanto un terzo del territorio italiano. Ci sono tanti elementi che concorrono a rendere questa visita carica di significati e di risonanze. Anzitutto il Santo Padre viene a chiudere le celebrazioni per il Giubileo dei 150 anni di evangelizzazione del Bénin.
Nel 1861 alcuni sacerdoti missionari della SMA (Società per le Missioni Africane) impiantarono la prima parrocchia sulla costa atlantica dell’attuale Bénin. Era il 18 aprile 1861. Una data simbolica evidentemente, perché anche in epoche precedenti i tentativi di evangelizzazione non erano mancati, senza alcun esito tuttavia, almeno da un punto di vista visibile. Vale la pena di ricordare che secondo la storia ufficiale del paese i primissimi evangelizzatori del Bénin furono una dozzina di frati cappuccini portoghesi che presero terra in queste coste nel 1600. La spedizione fu un fiasco totale, vale la pena ripetere, da un punto di vista umano: la metà di questi confratelli morì dopo appena una settimana di permanenza, stremata dalle varie febbri locali e dalla fatica del viaggio in nave che in quei tempi doveva essere già in se stessa un’impresa. La restante parte del gruppo rientrò dopo poco tempo. Non potremo mai conoscere il frutto che il sacrificio silenzioso e nascosto di tanti missionari ha prodotto per il progresso del Regno di Dio in queste terre africane, al di là dei risultati visibili.
Dal 1861 ad oggi la fede cristiana ha messo le radici in questo angolo del Golfo di Guinea, rallentata da enormi pregiudizi nei confronti dei missionari bianchi che portavano il Vangelo.
Non si deve dimenticare che fino a quel momento i bianchi che venivano su queste coste venivano con la divisa militare di questo o quell’altro esercito europeo, e che gli altri bianchi venivano per commerciare schiavi. Dal 1780 al 1848 (anno di abolizione dello schiavismo in queste zone) furono deportati da queste coste verso il Brasile qualcosa come 3 milioni e mezzo di schiavi, la metà dei quali morti in viaggio e gettati in mezzo all’Atlantico. Quando si va a visitare il museo nazionale di Ouidah, presso l’ex forte portoghese, la guida del Museo non manca di ricordare che i bianchi erano qualificati con tre “m”: militaires, marchands et missionaires: cioè militari, commercianti e missionari. Si capisce bene che uomo bianco non era affatto percepito come portatore di una “buona novella”, tutt’altro. Piuttosto portatore di morte.
Nonostante tutto il Vangelo ha portato i suoi frutti e ora la fede cristiana è ben radicata in tutto il paese, soprattutto qui al sud. Per dare qualche numero la sola Diocesi di Cotonou ha più di 300 preti diocesani , senza contare tutti i sacerdoti religiosi e i vari istituti di vita consacrata.
Al nord la situazione è differente: si è ancora alla prima evangelizzazione, con Diocesi di recentissima fondazione costituite da un esiguo numero di battezzati e con pochissimi pastori. Tanto per dare un altro esempio, la Diocesi di N’Dali, dove noi cappuccini abbiamo una comunità, ha appena una ventina di sacerdoti, di cui solo due autoctoni.
La visita del Papa è altresì l’occasione di consegnare ufficialmente a tutta la Chiesa l’esortazione apostolica post sinodale che fa seguito al Sinodo dei Vescovi del 2009 dal titolo: “ La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Il Santo Padre firmerà ufficialmente questo documento proprio nella Basilica di Ouidah, a pochi km da qui. La consegna di questo documento forse non suscita altrettante emozioni; la gran parte del popolo cristiano sembra estraneo a tutto ciò che si è discusso 2 anni fa’ a 4 mila km da qui, e forse si potrebbe anche cominciare a pensare al prossimo Sinodo per l’Africa, fosse anche tra 20 anni, fuori dalle mura vaticane e in terra africana. Tuttavia riconciliazione, giustizia e pace sono i perni della vera emancipazione africana e se i cristiani non sapranno esserne i primi e più credibili profeti e martiri, la Chiesa tradirà la sua identità di presenza del corpo crocifisso ma glorioso di Cristo, e l’Africa resterà sbriciolata nelle sue guerre, nelle sue povertà di fatto, malgrado le sue enormi ricchezze naturali.
In questo campo la Chiesa beninese , come tutta la chiesa Africana, deve lavorare più a livello particolare che globale, a iniziare dalla famiglia. Sebbene la grande famiglia allargata africana è una struttura portante della società, è altresì vero che rare sono le famiglie veramente unite e in armonia. Mi sembra che le guerre africane inter-etniche siano piuttosto radicate nelle ferite sanguinanti di famiglie, non solo di fatto, ma a volte puramente teoriche, con dei nuclei umani fondati si su vincoli di sangue ma a cui non corrispondono vincoli stabili di affetti e di accoglienza reciproca. Se il linguaggio del perdono, della riconciliazione e della pace non è un alfabeto che è appreso fin dall’infanzia, la società non potrà che parlare il linguaggio dell’affermazione di sé, dell’emancipazione personale, costi quel che costi. La pace è la grande chimera del continente africano: tutti l’invocano ma pochi protagonisti della vita sociale e politica sono disposti a riconoscere la carica velenosa e violenta di affermazioni e prese di posizione, tutte ispirate nelle intenzioni al benessere e alla ricerca della democrazia.
La pace è condizione essenziale per lo sviluppo e il progresso economico e umano. Se il Bénin, nonostante la quasi totale assenza di risorse naturali, vive un lento (molto lento) e progressivo sviluppo, lo si deve soprattutto alla mancanza da un secolo a questa parte di conflitti interni e con l’esterno. Forse la fortuna di questo paese è anche la sua povertà naturale che non ha mai attirato grandi appetiti internazionali e che non ha innescato pericolosi conflitti per l’accaparramento delle risorse economiche.
Il popolo beninese è in attesa, e non solo quello cattolico. I Vescovi hanno chiesto a tutti i fedeli e simpatizzanti della Chiesa di versare 500 franchi a testa acquistando un biglietto-ricevuta che resterà un ricordo della venuta del Papa. 500 franchi corrispondono a 75 centesimi di euro ma qui, se ci si accontenta, con 500 franchi si può fare pranzo.
Fervono i lavori per rattoppare le buche delle strade asfaltate che saranno percorse dal corteo papale. Il Seminario nazionale di Ouidah (St Gall), dove il Papa verrà sabato 19 per incontrare tutti noi religiosi e sacerdoti, sta ricostruendo la facciata del suo edificio e cercando di pavimentare alla meno peggio la strada di sabbia che lo separa dalla strada principale. L’economo del Seminario è venuto a chiedere a noi cappuccini di prestargli la macchina taglia erba per preparare il cortile dove il Papa ci riceverà; una settimana prima del grande evento tutti i 120 seminaristi interromperanno le lezioni per spazzolare a nuovo la loro casa, per accogliere al meglio il loro, il nostro, Pastore.
Una radio cattolica locale ha stampato e diffuso un CD con la Messa cantata in latino perché sembra che il Papa, Domenica 20, celebrerà la messa in latino. Pensare che qui neppure il francese, lingua ufficiale, è conosciuto da tutti! Ma pazienza: quel giorno la gente beninese vedrà che il secondo uomo vivente più importante della Chiesa è a casa loro, e ha percorso migliaia di km per venire ad incontrarli. Che parli latino o cinese poco importa. I gesti come sempre dicono più di tante parole.
Come il gesto che il Papa farà andando a visitare la tomba del suo amico Cardinal Bernardin Gantin, primo vescovo beninese di Cotonou e primo africano ad essere nominato prefetto di una Congregazione Pontificia. Un gesto di tenera amicizia, di affetto, come quello che in questo mese di novembre tanti di noi stanno facendo, andando a visitare le tombe dei propri cari. Anche un Papa vive di rapporti fraterni, amichevoli e informali. E qui in Bénin il Papa ha tanti amici che lo accoglieranno a cuore aperto.
Nel 1861 alcuni sacerdoti missionari della SMA (Società per le Missioni Africane) impiantarono la prima parrocchia sulla costa atlantica dell’attuale Bénin. Era il 18 aprile 1861. Una data simbolica evidentemente, perché anche in epoche precedenti i tentativi di evangelizzazione non erano mancati, senza alcun esito tuttavia, almeno da un punto di vista visibile. Vale la pena di ricordare che secondo la storia ufficiale del paese i primissimi evangelizzatori del Bénin furono una dozzina di frati cappuccini portoghesi che presero terra in queste coste nel 1600. La spedizione fu un fiasco totale, vale la pena ripetere, da un punto di vista umano: la metà di questi confratelli morì dopo appena una settimana di permanenza, stremata dalle varie febbri locali e dalla fatica del viaggio in nave che in quei tempi doveva essere già in se stessa un’impresa. La restante parte del gruppo rientrò dopo poco tempo. Non potremo mai conoscere il frutto che il sacrificio silenzioso e nascosto di tanti missionari ha prodotto per il progresso del Regno di Dio in queste terre africane, al di là dei risultati visibili.
Dal 1861 ad oggi la fede cristiana ha messo le radici in questo angolo del Golfo di Guinea, rallentata da enormi pregiudizi nei confronti dei missionari bianchi che portavano il Vangelo.
Non si deve dimenticare che fino a quel momento i bianchi che venivano su queste coste venivano con la divisa militare di questo o quell’altro esercito europeo, e che gli altri bianchi venivano per commerciare schiavi. Dal 1780 al 1848 (anno di abolizione dello schiavismo in queste zone) furono deportati da queste coste verso il Brasile qualcosa come 3 milioni e mezzo di schiavi, la metà dei quali morti in viaggio e gettati in mezzo all’Atlantico. Quando si va a visitare il museo nazionale di Ouidah, presso l’ex forte portoghese, la guida del Museo non manca di ricordare che i bianchi erano qualificati con tre “m”: militaires, marchands et missionaires: cioè militari, commercianti e missionari. Si capisce bene che uomo bianco non era affatto percepito come portatore di una “buona novella”, tutt’altro. Piuttosto portatore di morte.
Nonostante tutto il Vangelo ha portato i suoi frutti e ora la fede cristiana è ben radicata in tutto il paese, soprattutto qui al sud. Per dare qualche numero la sola Diocesi di Cotonou ha più di 300 preti diocesani , senza contare tutti i sacerdoti religiosi e i vari istituti di vita consacrata.
Al nord la situazione è differente: si è ancora alla prima evangelizzazione, con Diocesi di recentissima fondazione costituite da un esiguo numero di battezzati e con pochissimi pastori. Tanto per dare un altro esempio, la Diocesi di N’Dali, dove noi cappuccini abbiamo una comunità, ha appena una ventina di sacerdoti, di cui solo due autoctoni.
La visita del Papa è altresì l’occasione di consegnare ufficialmente a tutta la Chiesa l’esortazione apostolica post sinodale che fa seguito al Sinodo dei Vescovi del 2009 dal titolo: “ La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Il Santo Padre firmerà ufficialmente questo documento proprio nella Basilica di Ouidah, a pochi km da qui. La consegna di questo documento forse non suscita altrettante emozioni; la gran parte del popolo cristiano sembra estraneo a tutto ciò che si è discusso 2 anni fa’ a 4 mila km da qui, e forse si potrebbe anche cominciare a pensare al prossimo Sinodo per l’Africa, fosse anche tra 20 anni, fuori dalle mura vaticane e in terra africana. Tuttavia riconciliazione, giustizia e pace sono i perni della vera emancipazione africana e se i cristiani non sapranno esserne i primi e più credibili profeti e martiri, la Chiesa tradirà la sua identità di presenza del corpo crocifisso ma glorioso di Cristo, e l’Africa resterà sbriciolata nelle sue guerre, nelle sue povertà di fatto, malgrado le sue enormi ricchezze naturali.
In questo campo la Chiesa beninese , come tutta la chiesa Africana, deve lavorare più a livello particolare che globale, a iniziare dalla famiglia. Sebbene la grande famiglia allargata africana è una struttura portante della società, è altresì vero che rare sono le famiglie veramente unite e in armonia. Mi sembra che le guerre africane inter-etniche siano piuttosto radicate nelle ferite sanguinanti di famiglie, non solo di fatto, ma a volte puramente teoriche, con dei nuclei umani fondati si su vincoli di sangue ma a cui non corrispondono vincoli stabili di affetti e di accoglienza reciproca. Se il linguaggio del perdono, della riconciliazione e della pace non è un alfabeto che è appreso fin dall’infanzia, la società non potrà che parlare il linguaggio dell’affermazione di sé, dell’emancipazione personale, costi quel che costi. La pace è la grande chimera del continente africano: tutti l’invocano ma pochi protagonisti della vita sociale e politica sono disposti a riconoscere la carica velenosa e violenta di affermazioni e prese di posizione, tutte ispirate nelle intenzioni al benessere e alla ricerca della democrazia.
La pace è condizione essenziale per lo sviluppo e il progresso economico e umano. Se il Bénin, nonostante la quasi totale assenza di risorse naturali, vive un lento (molto lento) e progressivo sviluppo, lo si deve soprattutto alla mancanza da un secolo a questa parte di conflitti interni e con l’esterno. Forse la fortuna di questo paese è anche la sua povertà naturale che non ha mai attirato grandi appetiti internazionali e che non ha innescato pericolosi conflitti per l’accaparramento delle risorse economiche.
Il popolo beninese è in attesa, e non solo quello cattolico. I Vescovi hanno chiesto a tutti i fedeli e simpatizzanti della Chiesa di versare 500 franchi a testa acquistando un biglietto-ricevuta che resterà un ricordo della venuta del Papa. 500 franchi corrispondono a 75 centesimi di euro ma qui, se ci si accontenta, con 500 franchi si può fare pranzo.
Fervono i lavori per rattoppare le buche delle strade asfaltate che saranno percorse dal corteo papale. Il Seminario nazionale di Ouidah (St Gall), dove il Papa verrà sabato 19 per incontrare tutti noi religiosi e sacerdoti, sta ricostruendo la facciata del suo edificio e cercando di pavimentare alla meno peggio la strada di sabbia che lo separa dalla strada principale. L’economo del Seminario è venuto a chiedere a noi cappuccini di prestargli la macchina taglia erba per preparare il cortile dove il Papa ci riceverà; una settimana prima del grande evento tutti i 120 seminaristi interromperanno le lezioni per spazzolare a nuovo la loro casa, per accogliere al meglio il loro, il nostro, Pastore.
Una radio cattolica locale ha stampato e diffuso un CD con la Messa cantata in latino perché sembra che il Papa, Domenica 20, celebrerà la messa in latino. Pensare che qui neppure il francese, lingua ufficiale, è conosciuto da tutti! Ma pazienza: quel giorno la gente beninese vedrà che il secondo uomo vivente più importante della Chiesa è a casa loro, e ha percorso migliaia di km per venire ad incontrarli. Che parli latino o cinese poco importa. I gesti come sempre dicono più di tante parole.
Come il gesto che il Papa farà andando a visitare la tomba del suo amico Cardinal Bernardin Gantin, primo vescovo beninese di Cotonou e primo africano ad essere nominato prefetto di una Congregazione Pontificia. Un gesto di tenera amicizia, di affetto, come quello che in questo mese di novembre tanti di noi stanno facendo, andando a visitare le tombe dei propri cari. Anche un Papa vive di rapporti fraterni, amichevoli e informali. E qui in Bénin il Papa ha tanti amici che lo accoglieranno a cuore aperto.
giovedì 17 novembre 2011
Commento al Vangelo XXXIV Dom TO anno A, 20 novembre 2011.
MOMENTI DI GLORIA
TESTO (Mt 25,31-46)
31 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».
COMMENTO
“E saranno riunite davanti a lui tutte le genti”. Alla vigilia della venuta del Papa qui in Bénin, non posso fare a meno di raffigurarmi la folla che accoglierà il Santo Padre, soprattutto Domenica all’occasione della Santa Messa allo stadio di Cotonou. Certo, non sarà il momento del Giudizio, ma un incontro con una personalità così rappresentativa della comunità cristiana mondiale obbliga a riflettere e a fare un bilancio della propria vita di cristiano, a valutare le ricadute pratiche che il Vangelo di Cristo sta avendo nell’esistenza quotidiana.
Di fronte a questa parola di Gesù così chiara sui criteri del Giudizio ultimo sulla nostra storia, che senso ha (mi sto domandando) stare davanti alla tastiera di questo computer portatile mentre centinaia di persone appena fuori del muro di cinta del nostro convento, qui nella campagna di Ouidah, vanno avanti vivendo alla giornata, nel senso più letterale del termine?
La Santa Madre Teresa di Calcutta diceva che ogni sera dovremmo farci un esame di coscienza guardandoci il palmo delle mani. Cosa hanno fatto queste mani? Chi hanno servito, a cosa sono servite? Per chi hanno lavorato? Cosa hanno toccato? Come hanno toccato? Mi auguro che la meravigliosa semplicità di questo brano di Vangelo possa essere colta da gesti e momenti altrettanto semplici come quello suggerito da Madre Teresa. Per riflettere e per poi agire.
Domani, 18 novembre 2011, il Papa arriva qui in Bénin. Sembra che questa cosa, a Dio, piaccia.
TESTO (Mt 25,31-46)
31 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».
COMMENTO
“E saranno riunite davanti a lui tutte le genti”. Alla vigilia della venuta del Papa qui in Bénin, non posso fare a meno di raffigurarmi la folla che accoglierà il Santo Padre, soprattutto Domenica all’occasione della Santa Messa allo stadio di Cotonou. Certo, non sarà il momento del Giudizio, ma un incontro con una personalità così rappresentativa della comunità cristiana mondiale obbliga a riflettere e a fare un bilancio della propria vita di cristiano, a valutare le ricadute pratiche che il Vangelo di Cristo sta avendo nell’esistenza quotidiana.
Di fronte a questa parola di Gesù così chiara sui criteri del Giudizio ultimo sulla nostra storia, che senso ha (mi sto domandando) stare davanti alla tastiera di questo computer portatile mentre centinaia di persone appena fuori del muro di cinta del nostro convento, qui nella campagna di Ouidah, vanno avanti vivendo alla giornata, nel senso più letterale del termine?
La Santa Madre Teresa di Calcutta diceva che ogni sera dovremmo farci un esame di coscienza guardandoci il palmo delle mani. Cosa hanno fatto queste mani? Chi hanno servito, a cosa sono servite? Per chi hanno lavorato? Cosa hanno toccato? Come hanno toccato? Mi auguro che la meravigliosa semplicità di questo brano di Vangelo possa essere colta da gesti e momenti altrettanto semplici come quello suggerito da Madre Teresa. Per riflettere e per poi agire.
Domani, 18 novembre 2011, il Papa arriva qui in Bénin. Sembra che questa cosa, a Dio, piaccia.
sabato 12 novembre 2011
Commento al Vangelo XXXIII Dom TO anno A, 13 novembre 2011.
LASCIA O RADDOPPIA
TESTO (Mt 25, 14-30)
14 Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.16 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.20 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.24 Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;25 per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.29 Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.30 E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
COMMENTO
Certi treni passano una sola volta nella vita … La parabola di oggi ci permette di fare un’aggiunta: questi treni sono diretti verso l’altro, verso il cuore dei nostri compagni di cammino. La vigilanza a cui invitava Gesù con la parabola delle dieci vergini assume cioè una specificazione. Essere vigilanti significa donare, impiegare i doni di Grazia che il Signore ci ha dato. Noi non abbiamo meritato niente, ma tutto abbiamo ricevuto. Se non vogliamo che questa dote deperisca tra le nostre mani, dobbiamo dunque impiegarla, trafficarla, spenderla. Gesù ci chiede di impiegare i doni che ci ha fatto, e cosa significhi impiegare i talenti lo capiremo ancora meglio Domenica prossima quando il Signore ci parlerà del giudizio universale. “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.” Potrà sembrare un po’ cinico l’atteggiamento di Gesù, ma cinico non è: nella vigna del Signore o si da tutto e si raddoppia oppure non si raccoglie niente e si perde tutto. Istintivamente avessi ricevuto io i 5 talenti, avrei diversificato il rischio: avrei messo due o tre talenti in Banca e gli altri me li sarei imboscati da qualche parte. Le parabole di Gesù hanno sempre qualcosa di paradossale perché Gesù vuole scardinare i luoghi comuni, i pregiudizi, e soprattutto delle mentalità religiose meschine, come quella di una ricerca egoistica della propria salvezza, indipendentemente dalla relazione con l’altro.
I talenti sono tutti i pezzi che il Signore ci affida per il nuovo mondo da costruire, tutti i doni di Grazia che dobbiamo impiegare per edificare il Regno di Dio. Ma la Grazia non può essere conservata, la si può solo ricevere e donare . I doni del Signore sono fatti per restare tali: un dono. Annunciare la beatitudine del dono di sé mi sembra veramente un’opera missionaria basilare, perché sto constatando che fino a quando si lavora sulla promozione sociale, culturale o sanitaria, si trovano facilmente finanziatori e orecchie ben disposte ad ascoltarti. Quando incominci a parlare della logica del dono e della gratuità e a dire che Gesù si è rivelato pienamente sulla croce e che i suoi discepoli devono seguire i suoi passi, allora gli entusiasmi si calmano. Chi ti vorrebbe dare una mano pensa che l’annuncio esplicito del vangelo delle beatitudini non sia poi così centrale, e chi ti ascolta sarà tentato di “cambiare parrocchia”.
Tra una settimana arriva il Papa!
TESTO (Mt 25, 14-30)
14 Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.16 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.20 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.24 Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;25 per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.29 Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.30 E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
COMMENTO
Certi treni passano una sola volta nella vita … La parabola di oggi ci permette di fare un’aggiunta: questi treni sono diretti verso l’altro, verso il cuore dei nostri compagni di cammino. La vigilanza a cui invitava Gesù con la parabola delle dieci vergini assume cioè una specificazione. Essere vigilanti significa donare, impiegare i doni di Grazia che il Signore ci ha dato. Noi non abbiamo meritato niente, ma tutto abbiamo ricevuto. Se non vogliamo che questa dote deperisca tra le nostre mani, dobbiamo dunque impiegarla, trafficarla, spenderla. Gesù ci chiede di impiegare i doni che ci ha fatto, e cosa significhi impiegare i talenti lo capiremo ancora meglio Domenica prossima quando il Signore ci parlerà del giudizio universale. “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.” Potrà sembrare un po’ cinico l’atteggiamento di Gesù, ma cinico non è: nella vigna del Signore o si da tutto e si raddoppia oppure non si raccoglie niente e si perde tutto. Istintivamente avessi ricevuto io i 5 talenti, avrei diversificato il rischio: avrei messo due o tre talenti in Banca e gli altri me li sarei imboscati da qualche parte. Le parabole di Gesù hanno sempre qualcosa di paradossale perché Gesù vuole scardinare i luoghi comuni, i pregiudizi, e soprattutto delle mentalità religiose meschine, come quella di una ricerca egoistica della propria salvezza, indipendentemente dalla relazione con l’altro.
I talenti sono tutti i pezzi che il Signore ci affida per il nuovo mondo da costruire, tutti i doni di Grazia che dobbiamo impiegare per edificare il Regno di Dio. Ma la Grazia non può essere conservata, la si può solo ricevere e donare . I doni del Signore sono fatti per restare tali: un dono. Annunciare la beatitudine del dono di sé mi sembra veramente un’opera missionaria basilare, perché sto constatando che fino a quando si lavora sulla promozione sociale, culturale o sanitaria, si trovano facilmente finanziatori e orecchie ben disposte ad ascoltarti. Quando incominci a parlare della logica del dono e della gratuità e a dire che Gesù si è rivelato pienamente sulla croce e che i suoi discepoli devono seguire i suoi passi, allora gli entusiasmi si calmano. Chi ti vorrebbe dare una mano pensa che l’annuncio esplicito del vangelo delle beatitudini non sia poi così centrale, e chi ti ascolta sarà tentato di “cambiare parrocchia”.
Tra una settimana arriva il Papa!
sabato 5 novembre 2011
Commento al Vangelo XXXII Dom TO anno A, 6 novembre 2011.
VEDERE, PREVEDERE, PROVVEDERE
TESTO (Mt 25,1-13)
1 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio;4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.6 A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.8 E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.9 Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.10 Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.
COMMENTO
Mi sono interrogato sul punto di distinzione tra la saggezza delle une e la stoltezza delle altre. Il Signore , in fine di parabola, lancia un’esortazione molto netta: “Vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora” , tuttavia le sagge non hanno vegliato più delle altre, infatti “poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono”. La saggezza dunque non è stata nel non dormire, ma nel saper cogliere le opportunità durante il tempo di veglia. Fintanto che potevano le sagge hanno fatto scorta, sapendo che sarebbe potuta sopraggiungere il buio della notte, che l’attesa si poteva prolungare, e in funzione di questa lungimiranza hanno provveduto e hanno fatto scorta dell’olio che hanno potuto trovare. Hanno colto la grazia del momento presente e si sono preparate per le eventuali difficoltà dell’attesa. Ecco la saggezza: cogliere le grazie quando il Signore ce le dona, non quando ne avvertiamo il bisogno. Dice la Bibbia: “Cercate il Signore mentre si lascia trovare!”
La vita spirituale è fatta di lungimiranza, è un cantiere che costruisce le mura della casa mattone dopo mattone, secondo il materiale che il Signore ogni giorno ci da’. Certo, tutto viene dalla Grazia di Dio, tutto è Grazia. Ma le grazie vanno accolte quando il Signore ce le dona. Quando ci accorgeremo di aver costruito la nostra vita sul nulla, sulla sabbia di cose che non valgono un bel nulla e che non reggono “la botta”, sarà troppo tardi per andare a rifondare la casa. Il Signore ci mette in guardia. Non sprechiamo le opportunità che la Provvidenza ci dona. Certi treni passano una volta sola nella vita.
Oggi è il 5 novembre 2011. Tra 13 giorni arriva il Papa qui in Bénin. Sempre a Dio piacendo.
TESTO (Mt 25,1-13)
1 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio;4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.6 A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.8 E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.9 Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.10 Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.
COMMENTO
Mi sono interrogato sul punto di distinzione tra la saggezza delle une e la stoltezza delle altre. Il Signore , in fine di parabola, lancia un’esortazione molto netta: “Vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora” , tuttavia le sagge non hanno vegliato più delle altre, infatti “poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono”. La saggezza dunque non è stata nel non dormire, ma nel saper cogliere le opportunità durante il tempo di veglia. Fintanto che potevano le sagge hanno fatto scorta, sapendo che sarebbe potuta sopraggiungere il buio della notte, che l’attesa si poteva prolungare, e in funzione di questa lungimiranza hanno provveduto e hanno fatto scorta dell’olio che hanno potuto trovare. Hanno colto la grazia del momento presente e si sono preparate per le eventuali difficoltà dell’attesa. Ecco la saggezza: cogliere le grazie quando il Signore ce le dona, non quando ne avvertiamo il bisogno. Dice la Bibbia: “Cercate il Signore mentre si lascia trovare!”
La vita spirituale è fatta di lungimiranza, è un cantiere che costruisce le mura della casa mattone dopo mattone, secondo il materiale che il Signore ogni giorno ci da’. Certo, tutto viene dalla Grazia di Dio, tutto è Grazia. Ma le grazie vanno accolte quando il Signore ce le dona. Quando ci accorgeremo di aver costruito la nostra vita sul nulla, sulla sabbia di cose che non valgono un bel nulla e che non reggono “la botta”, sarà troppo tardi per andare a rifondare la casa. Il Signore ci mette in guardia. Non sprechiamo le opportunità che la Provvidenza ci dona. Certi treni passano una volta sola nella vita.
Oggi è il 5 novembre 2011. Tra 13 giorni arriva il Papa qui in Bénin. Sempre a Dio piacendo.
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