sabato 29 giugno 2013

Commento al Vangelo XIII Dom TO Anno C. 30 giugno 2013



EFFETTO VALANGA

 

TESTO ( Lc 9, 51 – 62 )
 

51 Poi, mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme. 52 Mandò davanti a sé dei messaggeri, i quali, partiti, entrarono in un villaggio dei Samaritani per preparargli un alloggio. 53 Ma quelli non lo ricevettero perché era diretto verso Gerusalemme. 54 Veduto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?» 55 Ma egli si voltò verso di loro e li sgridò. 56 E se ne andarono in un altro villaggio.
57 Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque andrai». 58 E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». 59 A un altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60 Ma Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunciare il regno di Dio». 61 Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». 62 Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all'aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio».

 

COMMENTO
 

Gesù chiede molto, a chi vuol andare dietro lui ma soprattutto a se stesso: il primo versetto ci dice che “si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme” e proprio a partire dalla fermezza della sua scelta scaturisce l’urgenza del suo appello e delle condizioni che pone per chi lo vuol seguire.
 

La nuova traduzione del vangelo di Luca ci dice che si stavano compiendo i giorni in cui Gesù sarebbe stato elevato in alto, come se ci fosse una forza d’attrazione dall’Alto che gli chiede un’accelerazione del passo, un’ancor maggior agilità tra i mille vincoli e ostacoli di questo mondo al quale non appartiene e nel quale tuttavia ha scelto di prendere dimora: come due calamite la cui forza di attrazione aumenta all’aumentare della vicinanza. In questo cammino c’è l’incomprensione e il disprezzo dei samaritani, la mancanza di sicurezze e di tappe certe ove posare il capo, la tentazione di patteggiare con le logiche del mondo o di adattarsi a queste. Gesù tira dirittto verso Gerusalemme, verso l’alto, un’altezza che passa attraverso l’innalzamento della croce e sarà proprio quest’ascesi, questa salita, che chiede di liberarsi da pesi inutili e da ostacoli gravosi, a coinvolgere e a travolgere i suoi discepoli.

Nulla è più convincente nella esperienza di Gesù della sua personale passione per il Regno. A loro volta coloro che hanno capito l’urgenza dell’annuncio del Regno e che si sono lasciati trascinare da questa energia appassionante sono stati i più efficaci propagatori della buona novella: l’effetto di coinvolgimento di questo annuncio vissuto sulla propria pelle, pur tra le tante cadute di intensità anche e soprattutto dei primi discepoli,  non ha esaurito la sua forza nel corso della storia ma anzi continua a crescere attraverso chi si lascia attraversare da questa corrente di vita nuova.

venerdì 21 giugno 2013

Commento al Vangelo XII Dom TO anno C. 23 giugno 2013




SEGUIRE GESU’ VIVO

 


TESTO ( Lc 9, 18 – 24 )
 

18 Mentre egli stava pregando in disparte, i discepoli erano con lui; ed egli domandò loro: «Chi dice la gente che io sia?» 19 E quelli risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia, e altri, uno dei profeti antichi che è risuscitato». 20 Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?» Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21 Ed egli ordinò loro di non dirlo a nessuno, e aggiunse:
22 «Bisogna che il Figlio dell'uomo soffra molte cose e sia respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, sia ucciso, e risusciti il terzo giorno».23 Diceva poi a tutti: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. 24 Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la salverà.

 


COMMENTO
 

Andare dietro a Gesù è qualcosa di molto pratico, molto più di quello che noi non immaginiamo perché tutto si gioca nel seguire la sua presenza. Dove appunto intravederla per poi seguirla?
 Anzitutto il Signore Gesù chiede di essere riconosciuto e seguito nelle “parole e nei gesti” di amore che ci rivolge, oggi come 2000 anni fa’, tramite la sua comunità che è la Chiesa. Anche questo potrebbe essere quella croce che dobbiamo prendere ogni giorno, perché non sempre è facile riconoscere Gesù nell’insegnamento di pastori incoerenti e fragili o in liturgie povere di entusiasmo e di fede.
 

Allo stesso modo e con la stessa passione il Signore ci chiede di seguirlo anche nei fratelli che sono come noi figli di Dio, soprattutto in coloro la cui immagine e somiglianza divina è stata deturpata dal dolore, dalla malattia, dall’altrui cattiveria o dall’indifferenza. Anche questo è croce, perché significa imitare Gesù che ha rinunciato alla sua vita per salvare la nostra.
 

La croce di Gesù , come l’arca di Noè , è l’unica scialuppa di salvataggio che ci traghetta sulla terra ferma della vita vera e se il salirvi è oggettivamente una limitazione delle nostre possibilità di movimento e di azione, non di meno costituisce l’unico accesso a una forma di esistenza concretamente nuova, la stessa di Gesù morto e risorto.

sabato 15 giugno 2013

Commento al Vangelo XI Dom TO Anno C. 16 giugno 2013



MOLTI CRISTIANI D’AFRICA CI PASSERANNO AVANTI NEL REGNO DEI CIELI.

 

TESTO ( Lc 7,36 – 8,3 )
 

7,36 Uno dei farisei lo invitò a pranzo; ed egli, entrato in casa del fariseo, si mise a tavola. 37 Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato; 38 e, stando ai piedi di lui, di dietro, piangendo, cominciò a rigargli di lacrime i piedi; e li asciugava con i suoi capelli; e gli baciava e ribaciava i piedi e li ungeva con l'olio. 39 Il fariseo che lo aveva invitato, veduto ciò, disse fra sé: «Costui, se fosse profeta, saprebbe che donna è questa che lo tocca; perché è una peccatrice». 40 E Gesù, rispondendo gli disse: «Simone, ho qualcosa da dirti». Ed egli: «Maestro, di' pure». 41 «Un creditore aveva due debitori; l'uno gli doveva cinquecento denari e l'altro cinquanta. 42 E poiché non avevano di che pagare condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?» 43 Simone rispose: «Ritengo sia colui al quale ha condonato di più». Gesù gli disse: «Hai giudicato rettamente». 44 E, voltatosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua, e tu non mi hai dato dell'acqua per i piedi; ma lei mi ha rigato i piedi di lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio; ma lei, da quando sono entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. 46 Tu non mi hai versato l'olio sul capo; ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. 47 Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui a cui poco è perdonato, poco ama». 48 Poi disse alla donna: «I tuoi peccati sono perdonati». 49 Quelli che erano a tavola con lui, cominciarono a dire in loro stessi: «Chi è costui che perdona anche i peccati?» 50 Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace».
8,1 In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. 2 Con lui vi erano i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti maligni e da malattie: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3 Giovanna, moglie di Cuza, l'amministratore di Erode; Susanna e molte altre che assistevano Gesù e i dodici con i loro beni.

 

COMMENTO
 

Tra l’incudine del puro (questo il significato di “fariseo”) e il martello della peccatirce, lui l’uomo forte e lei la donna debole, lui il padrone di casa e lei l’ospite che strisciando s’intrufola sotto la sedia, come dire la quintessenza dello zelo ebraico e la personificazione del peccato che rende impuri. In mezzo Gesù, il non profeta, l’incompreso, colui avrebbe dovuto capire di fronte a chi si trovava, Gesù che ribalta la visione di questa vicenda e ce la rimanda cambiata di segno come quando ad un numero negativo si corregge il “-“ davanti con quello trattino verticale che lo fa diventare “+” .
 

Questa però non è un’operazione matematica, piuttosto un’operazione della coscienza, un trapianto di vita che si realizza per mezzo della fede nel datore di vita Gesù di Nazareth. Quelle lacrime sono lacrime benedette, sono gocce di vita perché il concentrato di un cuore umile che ha capito il proprio stato ferito e ha intravisto il solo che può guarire. L’uomo legalmente puro, che non ha bisogno di ringraziare, non è toccato dalla Grazia perché non si sente malato e perché lui la sua vita ce l’ha già: sono le sue sicurezze, le sue presunzioni, una vita con i minuti contati, troppa orgogliosa, troppo abituata a guardarsi con gli occhi degli altri e dal di fuori per riuscire a guardarsi nel profondo e con gli occhi della propria coscienza.
 

Per questo ho tanta pena per noi cristiani bimillenari, super emancipati e super adulti nella fede, che siamo così sicuri nel capire ciò che è bene e ciò che è male e non abbiamo troppo bisogno di andare a cercare un confessore, e nello stesso tempo nutro tanta speranza per quei fratelli africani (con le dovute eccezioni), neofiti nella fede, che anziché smacchiare il giaguaro smacchiano tutto il decalogo ma si abbandonano alla misericordia di Dio Padre con umiltà commovente. L’umiltà, questa è la chiave di tutto.

sabato 8 giugno 2013

Commento del Vangelo della X Dom TO anno C. 9 giugno 2013.



VITA NUOVA, LACRIME VECCHIE

 


TESTO ( Lc 7,11-17 )
 

11 Poco dopo egli si avviò verso una città chiamata Nain, e i suoi discepoli e una gran folla andavano con lui. 12 Quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava alla sepoltura un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e molta gente della città era con lei. 13 Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: «Non piangere!» 14 E, avvicinatosi, toccò la bara; i portatori si fermarono, ed egli disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!» 15 Il morto si alzò e si mise seduto, e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre. 16 Tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra di noi»; e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17 E questo dire intorno a Gesù si divulgò per tutta la Giudea e per tutto il paese intorno.

 

COMMENTO
 

Gesù è la compassione di Dio per l’uomo e per la sua miserevole condizione di dignità perduta che implica sofferenza, dolore, assenza di prospettive di vita. Questa donna ne è una figura esemplare: in un sistema sociale senza protezione per i deboli, l’assenza di un marito esponeva la donna a mille fragilità e ora la morte del suo unico figlio le aveva tolto forse l’unico ancoraggio alla vita. Quello che sta per compiersi è una duplice rinascita, fisica per il giovinetto, ma esistenziale e di prospettive future per la madre.
 

La donna è morta nel suo dolore e imprigionata nelle sue lacrime tanto da non potersi accorgere di Gesù e tanto da suscitare la compassione di lui che le si accosta e le intima semplicemente di non piangere. Si crea un frangente di esigente attesa, perché per chiedere ad una poveretta in simili condizioni di non piangere occorre avere a disposizione delle soluzioni immediate e convincenti, perché l’aspettativa suscitata è enorme. ‘Se mi dici di non piangere occorre che mi proponi una soluzione concreta e forte, almeno quanto il dolore che suscita queste lacrime!’
 

Lo spazio di una breve attesa, di un’aspettativa esaudita è lo spazio dell’esercizio della speranza per una vita che sempre si rigenera e sempre può essere rinnovata da colui che è la Vita. Uno spazio che a noi sembra a volte interminabile, troppo lungo per poter continuare a dar fiducia al Signore; eppure è lo spazio abitato dalla sua presenza che continua a chiederci ‘non piangere … io sono qui con te ’.
 

Stranamente, ma non troppo, Gesù è il primo a piangere alla notizia della morte del suo amico Lazzaro, nonostante che di lì a poco avrebbe tratto dalla morte anche lui. Egli prende le nostre lacrime e ci dona la sua vita, prende le nostre sofferenze e angosce, le vive con noi e in cambio ci da la sua vita divina. Anche oggi, in ogni momento il Signore continua a dirci: “non piangere … sto per restituirti vita. In questa attesa permettimi di piangere con te”.